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Un “grazie” scritto che vale più di mille parole

Un “grazie” scritto che vale più di mille parole

Un corso di lingua e cultura italiana per gli stranieri è diviso generalmente in più livelli: corso di alfabetizzazione, corso A1, A2 e B1. Quando iniziai il servizio civile presso l’Arci di Roma la mia responsabile ci diede subito la piena libertà di scegliere quale corso seguire, per poi tenerlo autonomamente, ma ci tenne subito a precisare che tra tutti i corsi quello di alfabetizzazione sarebbe stato il più difficile e anche quello più impegnativo.

Senza tante esitazioni scelsi quest’ultimo corso, anche se non avevo mai insegnato italiano a persone del tutto analafabete. Dopo mesi di affiancamento iniziai finalmente ad avere una classe tutta mia. Ricordo ancora oggi il mio primo giorno di lezione: ero molto emozionata, così tanto da tremare. Ma dopo essere entrata in classe, tra risate e giochi di apprendimento, il tempo passò velocemente ed entrai subito in forte sintonia con i miei studenti.

L’apprendimento della lingua italiana per un immigrato rappresenta uno strumento fondamentale di relazione con la nuova società in cui vive, strumento in grado di incidere notevolmente sulla sfera del riconoscimento personale e collettivo: basti pensare, ad esempio, alla sua funzionalità nell’ambito dell’inserimento sociale e lavorativo.

Fatta questa premessa, l’aspetto più gratificante nell’insegnare l’italiano agli immigrati non è solo quella di aiutare concretamente delle persone, agevolando la loro crescita culturale e una più consapevole partecipazione negli ambiti sociali, lavorativi e di cittadinanza, ma anche quello di appredndere da loro; detto in due parole è un “dare e ricevere”. Durante questi mesi ho infatti conosciuto la cultura e le tradizioni dei miei studenti, e questa esperienza mi ha confermato ciò che pensavo da molto tempo: ossia che la vera bellezza del mondo sta proprio nella sua “diversità”.

Tra i miei studenti che ora sono andati via da Roma  c’era Modi, un ragazzo del Mali. Modi era uno studente molto timido, ma con tanta volgia di imparare . Durante l’ultima lezione diedi agli studenti il compito di disegnare e scrivere su un foglio di carta il loro nome, il loro paese di origine e cosa desideravano fare nella loro vita. Al termine della lezione Modi mi regalò il suo disegno con su scritto: “mi chiamo Modi, sono del Mali e voglio lavorare”; ma con grande sorpresa lessi alla fine del foglio la frase: “GRAZIE MAESTRA”.

Un grazie scritto che vale davvero più di mille parole, nonchè il momento più emozionante di questa mia esperienza come volontaria.

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