Storicamente il servizio civile si è identificato in molti Paesi con l’obiezione di coscienza al servizio militare obbligatorio. Questa identificazione continua in quei Paesi dell’Unione che mantengono il servizio militare obbligatorio.
Dalla seconda metà degli anni ’90 del XX secolo alcuni Paesi dell’Unione Europea, facendo ricorso alla formula della sospensione della leva obbligatoria, sono passati a Forze Armate professionali, reclutate su base volontaria, aperte a uomini e donne, in possesso della cittadinanza nazionale.
Questa innovazione ha messo in moto un processo culturale, sociale, legislativo e istituzionale che sta fornendo risposte diverse all’interrogativo di quale nuova identità e organizzazione debbano avere forme di impegno civico definibili “servizio civile”.
L’inizio della storia: l’Unità d’Italia
La storia dell’Obiezione di Coscienza, in senso lato, inizia con l’unità d’Italia. La coscrizione obbligatoria introdotta nel 1861, incontrò una grandissima resistenza soprattutto tra la popolazione rurale del meridione, che non ne capiva i motivi ed era costretta a subirla forzatamente. La risposta dello Stato fu la massiccia repressione attuata dall’esercito piemontese. Il malcontento popolare toccò il suo culmine durante la grande guerra del 1915-18: furono circa 470.000 i processi per renitenza alla leva, e oltre un milione per altri reati militari come diserzione, procurata infermità, disobbedienza aggravata, ammutinamento. In questo alveo di rifiuto della leva, si inseriscono, sotto l’influenza di movimenti presenti in altri Paesi (Gran Bretagna, Francia in primis), i primi obiettori di coscienza.
L’Obiezione nel secondo dopoguerra
Dopo la caduta del regime fascista, la seconda guerra mondiale, il dibattito sul servizio di leva aveva visto emergere posizioni contrastanti (FFAA volontarie o di leva) e anche il tema dell’obiezione di coscienza. La scelta, a larga maggioranza parlamentare, con l’art. 52, fu di obbligo di tutti i cittadini a partecipare alla difesa della Patria e di forze armate di leva, soggette a legge ordinaria. In questo quadro dichiararsi obiettori era commettere il reato di rifiuto di adempimento degli obblighi di leva.
Il primo obiettore condannato alla reclusione fu Pietro Pinna (1948), nonviolento, finito in carcere per 10 mesi; liberato fu condannato di nuovo e ritornò in carcere finché fu prosciolto dal dovere del servizio militare. I Testimoni di Geova sono i più numerosi incarcerati per questo reato. Dal ’49 diversi furono i disegni di legge per il riconoscimento dell’obiezione tutti respinti e colpiti dall’ostilità dei vari Governi, delle gerarchie militari e dei principali partiti di opposizione.
L’Obiezione di alcuni cattolici degli anni ‘60
All’inizio degli anni ’60, in coincidenza con il movimento religioso generato dal Concilio Vaticano II, ci furono i primi casi di obiettori cattolici che dichiarano di voler vivere integralmente la nonviolenza evangelica, espressa dai comandamenti “non uccidere” e “ama il prossimo tuo come te stesso” e su questo basavano il rifiuto delle guerre e degli eserciti. Il primo cattolico che basò il suo rifiuto su motivi di fede fu Gozzini nel 1962, seguito da Padre Ernesto Balducci, attaccato dalla chiesa ufficiale e difeso da Don Milani autore del famoso opuscolo “L’obbedienza non è più una virtù”. I due sacerdoti, Padre Ernesto Balducci e Don Lorenzo Milani, vennero processati per apologia di reato. Don Milani, nel frattempo deceduto (1967), subì l’onta della condanna. Restava comunque la diffidenza o l’opposizione di larga parte della Chiesa Cattolica Italiana. Questi processi scossero l’opinione pubblica e portarono alla ribalta il problema dell’obiezione di coscienza, registrando importanti prese di posizione a favore. Fino alla fine degli anni ’60, il numero degli obiettori rimase basso, quasi tutti testimoni di Geova con poche eccezioni, anarchici, nonviolenti, socialisti e pochissimi cattolici; molti obiettori finirono in carcere, mentre al Parlamento vennero presentati diversi progetti di legge, dei quali però nessuno venne approvato.
Arriva il ’68 e la guerra del Viet Nam: l’Obiezione diventa un problema da risolvere
Con i movimenti culturali del 1968 e la guerra nel Viet Nam si afferma anche l’obiezione per motivi politici. L’analisi dell’esercito come istituzione che serve a mantenere un rapporto di pericoloso dominio dello stato sulla società civile, collegato all’industria e al commercio delle armi, si collega alle lotte più ampie per i diritti civili condotte nelle fabbriche, nelle scuole, nei quartieri, ai movimenti di liberazione dal colonialismo. Il numero dei giovani che sceglievano il carcere al servizio militare, pur restando a alcune decine, diviene tale da essere veramente un problema da risolvere.
15 dicembre 1972: il diritto all’Obiezione
Nel 1970/71 gruppi di 6-7 persone fecero obiezioni collettive con motivazioni soprattutto politiche; nel 1972 gli obiettori in carcere erano varie decine, oltre 250 testimoni di Geova. La classe politica, messa alle corde dal vasto movimento d’opinione nato nella società e dal contemporaneo intensificarsi di azioni di protesta condotte dalle organizzazioni nonviolente, approvò, pur sotto l’influenza delle gerarchie militari e delle forze politiche contrarie, il disegno di legge Marcora, restrittivo e punitivo, invece di quello Fracanzani più attinente alle richieste delle organizzazioni. Passò così la legge 772 del 15 dicembre 1972 che riconosceva in modo restrittivo l’Obiezione di coscienza e apriva ad un servizio civile sostitutivo per motivi morali, religiosi e filosofici. La legge del 1972 rese possibile la scarcerazione dei giovani obiettori di coscienza e contemporaneamente segnò un cambiamento storico nella legislazione italiana, perché introdusse la possibilità di rifiutare il servizio militare con le armi sostituendolo con un servizio militare non armato. Con questa legge l’obiezione di coscienza non veniva ancora considerata un diritto, ma un beneficio concesso dallo Stato a precise condizioni e conseguenze: la gestione del servizio civile restava nelle mani del Ministero della Difesa.
1973, nasce la Lega Obiettori di Coscienza
La legge restrittiva e punitiva (8 mesi di servizio in più, commissione giudicante, esclusione delle motivazioni politiche, dipendenza dai codici e dai tribunali militari) fece nascere subito un movimento di lotta degli obiettori che si unirono nella Lega Obiettori di Coscienza (LOC). Da questo momento e per molti anni, gli Enti e le Associazioni, con l’appoggio di parlamentari di alcuni partiti, di maggioranza e di opposizione, si sono battuti per una modifica della legge, per il pieno riconoscimento del diritto all’Obiezione di Coscienza e la smilitarizzazione della sua gestione.
1992, finalmente una nuova legge?
Nel 1992, il Parlamento licenziò un nuovo testo di legge, ma l’allora Presidente Francesco Cossiga rifiutò di firmarla per incostituzionalità, la rinviò al Parlamento con una serie di note di perplessità sul fenomeno Obiezione di Coscienza. Il giorno successivo il Presidente sciolse le Camere e la legge non fu approvata.
Il Servizio Civile è un modo per servire la patria
Nel frattempo il numero di obiettori è cresciuto esponenzialmente: 16.000 domande nel 1990, 30.000 domande nel 1994, 70.000 nel 1998. Dopo una serie di altri tentativi falliti nel corso della XI e XII Legislatura, con l’indirizzo determinante del Ministro della Difesa Andreatta e l’impegno di un vasto arco di gruppi parlamentari, nel luglio del 1998 si giunge finalmente all’approvazione della legge 230 che sancisce il pieno riconoscimento giuridico dell’obiezione di coscienza. Con questa legge l’obiezione di coscienza non è più un beneficio concesso dallo Stato, ma diventa un diritto della persona: il Servizio Civile rappresenta un modo alternativo di “servire la patria”, con una durata pari al servizio militare, a contatto con la realtà sociale, con i suoi problemi, con le sue sfide. I giovani possono scegliere di difendere la Patria, con il servizio militare o con il servizio sostitutivo civile. La gestione del servizio civile sostitutivo del servizio militare passa all’Ufficio Nazionale per il Servizio Civile (dal 1° gennaio 2000).
Settembre 1999 cambiano le Forze Armate
Con il Settembre 1999 viene a compimento un processo di revisione del ruolo delle Forze Armate che aveva preso in inizio dopo la caduta del Muro di Berlino nel 1989, con il passaggio nei vari Paesi aderenti alla NATO dall’esercito di leva a forze armate volontarie.
Anche in Italia il Governo D’Alema decide la trasformazione delle Forze Armate Italiane, passando dall’arruolamento tramite leva obbligatoria ad un arruolamento su base volontaria, rivolto ad uomini e donne, di cittadinanza italiana.
Siamo a una svolta, sono ormai maturi i tempi per una radicale riforma del Servizio Militare. La Legge 331 del 2000, “Norme per l’istituzione del Servizio Militare professionale”, muta profondamente la natura del Servizio di leva che diventa volontario e professionale, stabilendo una fase di transizione che avrebbe dovuto terminare nel 2006. Invece, nell’agosto 2004, il Parlamento anticipa al 1° gennaio 2005 la sospensione della leva obbligatoria con la legge 226 del 2004.
2001 nasce il Servizio Civile Nazionale su base volontaria, aperto a uomini e donne, italiani
Superato lo sconcerto, nel 2000, di una riforma delle FFAA che si era “dimenticata” dell’Obiezione di Coscienza e del Servizio Civile, le organizzazioni si impegnano, con la collaborazione di alcune parlamentari, a portare in Parlamento quella che diventerà la legge n. 64 del 6 Marzo 2001, che istituisce il Servizio Civile Nazionale su base volontaria, aperto a uomini e donne in possesso della cittadinanza italiana.
Fino al 1 Gennaio 2005 l’accesso al Servizio Civile Nazionale è per le donne e gli uomini, inabili agli obblighi di leva, che chiedono di fare il Servizio Civile Nazionale, mentre per gli altri uomini, resta l’obiezione di coscienza al servizio militare obbligatorio.
Grazie alla collaborazione dell’Ufficio Nazionale del Servizio Civile, già a Dicembre 2001, partono le prime 100 ragazze volontarie del Servizio Civile Nazionale.
Il Servizio Civile Nazionale
Con il Servizio Civile Nazionale vengono superati molti limiti del precedente servizio civile sostitutivo. La scelta volontaria apre al diritto di conoscere in anticipo le attività, che vengono quindi organizzate per progetti, proposti dall’ente e validati dall’Ufficio Nazionale del Servizio Civile. I giovani, che fanno domanda e con un percorso di colloqui selettivi, vengono scelti dagli enti, hanno un rapporto contrattuale con lo Stato e da questo ricevono l’assegno mensile. Per stabilire quali organizzazioni pubbliche e senza scopo di lucro possono presentare progetti e accogliere giovani viene creato un Albo, articolato in sezione nazionale e sezioni regionali. Le Regioni e Province Autonome iniziano a svolgere, in modo molto differenziato, alcune funzioni di gestione.Diventa ordinario il servizio civile in un altro Paese.Emergono due punti deboli: il sistema di finanziamento statale, talmente altalenante da impedire nel 2012 la pubblicazione del bando ordinario; la confusione fra finalità e settori di intervento, minando l’identità dell’istituto e generando un conflitto istituzionale fra Stato e Regioni e Province Autonome.
2016-2017 Il Servizio Civile Universale
Con una iniziativa governativa (nel passato erano sempre state iniziative parlamentari) nel 2016, all’interno della riforma del Terzo Settore (Legge delega n. 106, Giugno 2016) viene istituito il Servizio Civile Universale. Le novità formali non si fermano all’iniziativa del Governo. Si tratta di una legge delega, con norme di principio che devono essere successivamente, con uno o più decreti delegati, dettagliate per essere rese operative e l’istituzione del Servizio Civile Universale è collocata in un solo articolo della riforma, l’8. La sostituzione dell’aggettivo “Nazionale” con “Universale” esprime il tentativo di compromesso fra i sostenitori del servizio civile obbligatorio e quelli della scelta volontaria. Purtroppo il persistere dei limiti del meccanismo di finanziamento (annuale e sottodimensionato), rendono distante far accedere al servizio tutti coloro che chiedono di svolgerlo.
Nonostante questo limite, il Servizio Civile Universale definisce le finalità (concorrere con modalità civili alla difesa del Paese e promuovere la partecipazione dei giovani a realizzare i principi della Costituzione) e subordina a queste i settori, che vengono ampliati rispetto a quelli precedenti. I cittadini dell’Unione Europea e gli stranieri regolarmente residenti possono fare domanda e essere selezionati, dopo che nel Servizio Civile Nazionale era stata necessaria la sentenza di un Tribunale. Vengono previste alcune misure aggiuntive, la cui attuazione è resa difficile non solo dalla citata carenza di finanziamenti (Giovani con Minori Opportunità), ma anche dalla necessità di accordi con altri Ministeri (tutoraggio e valorizzazione competenze).