Attivisti Israeliani e Palestinesi testimoniano il loro impegno contro la guerra e l’occupazione, tra discriminazioni, detenzione e lotta per una cittadinanza aperta.
Nella sala conferenze del CSV Lazio a Roma, il 25 ottobre scorso, si è tenuto un incontro pregno di significato. Si è data voce a quattro giovani attivisti provenienti da Israele e Palestina. Due israeliani, Daniel Mizrahi e Sofia Orr, e due palestinesi, Aisha Amer e Tarteel Yasser Al Junaidi, che hanno portato la propria testimonianza, le proprie storie di resistenza nonviolenta e di obiezione di coscienza contro la logica della guerra e dell’occupazione. L’evento è stato organizzato dal Movimento NonViolento in collaborazione con il Centro Servizi per il Volontariato del Lazio.
Mao Valpiana, presidente nazionale del Movimento NonViolento, ha subito spiegato come l’incontro sia parte di un tour internazionale per raccogliere fondi destinati alla difesa legale di tutti gli obiettori, nonché volto a sensibilizzare l’opinione pubblica italiana ed europea sul tema. Quest’iniziativa mira a sostenere chi, in Israele e in Palestina, rifiuta di prendere parte al conflitto, opponendosi apertamente alle logiche di militarizzazione e apartheid che caratterizzano la regione. Valpiana ha spiegato che, quella mattina stessa, il gruppo era stato accolto alla Camera dei deputati per un’audizione in cui si avanzava l’istanza a concedere lo status di rifugiato politico a chi rifiuta il servizio militare per motivi di coscienza, sottolineando come fra i tanti obiettivi, certamente in cima alla lista ci sia quello di ottenere une vero e proprio riconoscimento politico.
I quattro giovani hanno descritto la propria esperienza, a partire da Daniel, giovane obiettore israeliano, che si è fatto testimone del proprio radicale cambiamento. Ci ha raccontato, infatti, di essere cresciuto in una comunità di israeliani, e di quanto fosse profonda la propria convinzione di servire l’esercito, però con il tempo e la contaminazione sociale il suo punto di vista è cambiato. Quando ha iniziato a studiare a Gerusalemme, Daniel ha radicalmente mutato il proprio pensiero; infatti, osservando i quartieri palestinesi confinati tra mura, e stringendo legami con giovani studenti palestinesi ha iniziato a mettere in discussione le proprie convinzioni. “Non volevo avere sangue sulle mie mani”, ha dichiarato, spiegando come la scelta di obiettare al servizio militare abbia avuto ripercussioni pesanti, a partire dai cinquanta giorni passati in carcere e in secondo luogo, al concretizzarsi di un vero e proprio allontanamento sociale.
Aisha, cittadina palestinese con documenti israeliani, ha, invece, condiviso la propria esperienza di “cittadina di seconda classe” in territorio Israeliano. La sua testimonianza ha descritto una quotidianità fatta di discriminazioni: dal sovraffollamento delle aree palestinesi, che occupano solo il 2% del territorio, ai graffiti di odio, fino alla demolizione di case palestinesi in base a leggi che, dice, avvantaggiano solo la popolazione ebraica. Aisha, oggi, si impegna a tradurre le storie degli obiettori israeliani in arabo e le testimonianze palestinesi in ebraico, nella speranza che il racconto di entrambe le realtà possa aprire la strada a una società che possa esistere priva di confini e discriminazioni.
Tarteel, palestinese della Cisgiordania, racconta la dura realtà di Hebron, dove le incursioni militari e le violenze dei coloni estremisti sono all’ordine del giorno. La sua esperienza l’ha spinta a unirsi alla “Community Peacemaker Teams”, un’organizzazione nonviolenta per i diritti umani. Ha raccontato di come in Cisgiordania si entri in contatto esclusivamente con soldati o coloni, e di come non esista un’immagine dell’israeliano inteso come “vicino di casa” pacifico; perciò, ha invitato a trovare un supporto internazionale così da amplificare le voci dei palestinesi e dei pacifisti israeliani.
Infine, Sofia, anche lei obiettrice israeliana, ci ha raccontato dei suoi ottacinque giorni trascorsi in prigione per aver rifiutato di partecipare alle operazioni militari contro i palestinesi. Fa parte dell’organizzazione “Mesarvot”, che sostiene gli obiettori di coscienza e si batte per sensibilizzare la società israeliana. Sofia ha scelto di rendere pubblica la propria opposizione, nella speranza che anche altri giovani israeliani possano riflettere su cosa significhi partecipare all’occupazione.
All’incontro erano presenti anche Donatella Di Cesare e Luigi Manconi, i quali dopo aver espresso tutta la loro ammirazione nei confronti del coraggio di questi giovani, hanno condiviso le loro personali riflessioni, soffermandosi a mettere in luce come decostruire la logica del conflitto.
La filosofa Donatella Di Cesare ha sottolineato la necessità di superare il nazionalismo, proponendo una cittadinanza aperta che vada oltre la divisione etnica e territoriale. La Di Cesare, che ha potuto conoscere da vicino la realtà israeliana, ha criticato la soluzione dei due Stati, considerandola oramai superata, proponendo al suo posto una società unita e democratica. Si è detta negazionista dell’attuale tendenza alla “necropolitica,” intesa come una politica che vede nella distruzione dell’altro la soluzione alle cause del conflitto.
Il sociologo Luigi Manconi, che da anni promuove i diritti umani, ha osservato che le testimonianze di questi ragazzi smentiscono la retorica del “pacifismo delle anime belle”, mostrando invece un pacifismo attivo e concreto, che possa rompere il paradigma del nemico e creare uno spazio di dialogo costruttivo. Ha anche ricordato l’importanza di non ignorare le dinamiche interne alle comunità palestinesi, dove gruppi come Hamas e Hezbollah rappresentano, a suo avviso, un ulteriore ostacolo alla pace. Solo un approccio critico e bilanciato, ha concluso, potrà aprire la strada a una reale riconciliazione.
L’incontro si è concluso con un appello a sostenere finanziariamente la campagna di obiezione alla guerra, affinché il tour possa proseguire e sia possibile offrire assistenza legale agli obiettori di coscienza. Infine, Mao Valpiana ha voluto sottolineare come il concetto e l’azione della nonviolenza debba essere al centro di ogni dialogo e azione per un futuro senza muri né occupazioni.
Claudia Ercole – op.volontaria ASC aps -progetto Diritti al Plurale -Arci Solidarietà