Home
Racconti
La Memoria dalle storie locali all’educazione alla pace: La Storia di Samuele Spizzichino e Ariel Paggi

La Memoria dalle storie locali all’educazione alla pace: La Storia di Samuele Spizzichino e Ariel Paggi

A Latera, in un piccolo appartamento a via del Borgo c’è una pentola che bolle. È l’inverno del 1943 ed il cerchio è sempre più stretto. La famiglia Spizzichino, Samuele, Livia e i piccoli Alfredo e Oreste, scappa e non si volta indietro. Il Podestà del paese li ha avvertiti in tempo e quando giunge alla loro porta, accompagnato da tedeschi e repubblichini, la casa è vuota, solo una pentola gorgoglia sul fuoco.

Gli Spizzichino sono originari di Pitigliano ma a Latera hanno, da molto tempo ormai, un negozio di merceria. Il capofamiglia Samuele aderisce al fascismo sin dal 1922 e se questo, in un primo tempo, fa ben sperare in una possibile discriminazione, in seguito non produrrà effetti diversi da altri. Dopo l’8 settembre, il regime non distingue più, agisce come una livella infallibilmente equanime.

Non conosceremo mai le ragioni che hanno determinato la salvezza per alcuni ed il martirio per altri, perché di fatto non vi è scientificità in questo dato. Sappiamo però che a protezione di queste vite prende forma e si dipana una rete solidale di concittadini che in modalità eguale e contraria ai persecutori, elabora, prepara e organizza sistematicamente la loro sopravvivenza.

La famiglia Canepuccia, Il podestà Adamini, Fratel Nicasio Freddiani e molti altri tessono il filo del fato di questa famiglia, ne aggiungono minuti, ore, anni.

Secondo le testimonianze orali, nascosti in un camion militare nazista, grazie al coraggio dell’austriaca Agnese Regensburger, gli Spizzichino giungono a Roma dove le loro identità si confondono e si mischiano a quelle degli abitanti della grande città. I piccoli Alfredo e Oreste restano protetti nell’Istituto cattolico “Angelo Mai” sino alla liberazione nei primi di giugno del 1944.

Pochi chilometri più a nord, la famiglia d’origine di Samuele non è altrettanto fortunata. Il padre, la madre, la sorella, il cognato e i nipoti vengono catturati a Firenze e deportati nei campi di concentramento nazisti. Non sopravvive nessuno di loro. Il campo di concentramento inghiotte anche i quattro interminabili mesi di vita del più piccolo.

Quanto ai parenti di Lidia, anch’essi sopravvivono, aiutati da una rete di amici e conoscenti che permettono loro di nascondersi, distribuiti tra i poderi della maremma toscana. Il piccolo Ariel Paggi, cugino di Alfredo ed Oreste, ha recentemente pubblicato le memorie di quella vita capovolta. Di giorno nelle grotte ricavate in mezzo ai boschi, di notte ospiti delle famiglie che abitavano quel paesaggio rurale e selvatico, ma non meno soggetto a controlli e incursioni repubblichine.

Il resto della famiglia, dimorante ad Acquapendente, tenta la strada della fuga. Dapprima nascosti a Sovana in provincia di Grosseto, prendono poi la via della Svizzera dove si mettono in salvo. L’archivio storico di Viterbo conserva il momento della loro scomparsa “per destinazione ignota” e le liste dei beni un tempo loro appartenuti e poi confiscati.

In tutte queste straordinarie testimonianze, ciò che risalta sin da subito all’occhio, è il gran numero di persone che si mobilita a sostegno dei perseguitati. Non è sufficiente il buon animo di qualcuno, la rete di protezione deve essere infallibile quanto infrangibile, paradossalmente molto vasta per essere efficace.

A seguito della liberazione dell’alta Tuscia, tra il 6 e il 14 luglio del 1944, Samuele Spizzichino assume la carica di primo cittadino di Latera. Nel 2009 è proprio l’Amministrazione del paese a patrocinare una pubblicazione che ripercorre le infauste tappe di questa disgraziata storia di persecuzione ma a tratti anche di amicizia, solidarietà e riscatto, laddove Samuele Spizzichino assurge a simbolo di redenzione di un’Italia liberata dal fascismo, dal nazismo e con essi dall’infame legislazione razziale.