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SERVIZIO CIVILE

SERVIZIO CIVILE

Storicamente, il servizio civile si è identificato in molti Paesi con l’obiezione di coscienza al servizio militare obbligatorio. Questa identificazione continua in quei Paesi dell’Unione che mantengono il servizio militare obbligatorio.

In Italia, il servizio militare obbligatorio viene istituito con l’unità d’Italia.
L’ obbligatorietà al servizio, introdotta nel 1861, incontrò una grandissima resistenza soprattutto tra la popolazione rurale del meridione, che non ne capiva i motivi ed era costretta a subirla forzatamente.
La risposta dello stato fu la massiccia repressione attuata dall’esercito piemontese.
Il malcontento popolare toccò il suo culmine durante la grande guerra del 1915-18: furono circa 470.000 i processi per renitenza alla leva, e oltre un milione per altri reati militari come diserzione, procurata infermità, disobbedienza aggravata, ammutinamento.

Il primo obiettore condannato alla reclusione fu Pietro Pinna (1948), nonviolento, finito in carcere per 10 mesi; liberato, fu condannato di nuovo e ritornò in carcere finché fu prosciolto dal dovere del servizio militare.

Dal ’49 diversi furono i disegni di legge per il riconoscimento dell’obiezione. tutti caduti nell’oblio nell’indifferenza parlamentare e colpiti dall’ostilità del governo e delle gerarchie militari.

All’inizio degli anni ’60 ci furono i primi casi di obiettori cattolici che dichiarano di voler vivere integralmente la non violenza evangelica, espressa dai comandamenti “non uccidere” e “ama il prossimo tuo come te stesso”.
Il primo cattolico che basò il suo rifiuto su motivi di fede fu Gozzini nel 1962, seguito da Padre Balducci, attaccato dalla chiesa ufficiale e difeso da Don Milani, quest’ultimo autore del famoso opuscolo “L’obbedienza non è più una virtù”.

I due sacerdoti, Padre Ernesto Balducci e Don Lorenzo Milani, vennero processati per apologia di reato. Don Milani, nel frattempo deceduto (1967), subì l’onta della condanna. Il resto della chiesa sembrò disinteressarsi al problema.
Questi processi scossero l’opinione pubblica e portarono alla ribalta il problema dell’obiezione di coscienza, registrando importanti prese di posizione a favore dell’OdC.
Intanto, sempre negli anni ’60, Il Sindaco di Firenze, Giorgio La Pira, autorizzò la proiezione del film “Non uccidere” – incentrato sul tema dell’obiezione di coscienza -nonostante il divieto imposto dalla censura.
Fino alla fine degli anni ’60, il numero degli obiettori rimase basso, quasi tutti testimoni di Geova con poche eccezioni, anarchici, nonviolenti, socialisti e pochissimi cattolici; molti obiettori finirono in carcere, mentre al Parlamento vennero presentati diversi progetti di legge, dei quali però nessuno venne approvato.

Dopo il ’68 si afferma anche l’obiezione per motivi politici.
L’analisi dell’esercito come istituzione che serve a mantenere un rapporto di pericoloso dominio dello stato sulla società civile, si collega alle lotte più ampie per i diritti civili condotte nelle fabbriche, nelle scuole, nei quartieri.
Il numero dei giovani che sceglievano il carcere al servizio militare diviene tale da essere veramente un problema da risolvere.

Nel 1970/71 gruppi di 6-7 persone fecero obiezioni collettive con motivazioni soprattutto politiche; nel 1972 gli obiettori in carcere erano varie decine, oltre 250 testimoni di Geova.

La classe politica, messa alle corde dal vasto movimento d’opinione nato nella società e dal contemporaneo intensificarsi di azioni di protesta condotte dalle organizzazioni non violente, approvò, pur sotto l’influenza delle gerarchie militari e delle forze politiche contrarie, il disegno di legge Marcora, restrittivo e punitivo, invece di quello Fracanzani più attinente alle richieste delle organizzazioni.
Venne approvata così la legge 15 dicembre 1972, n. 772 che riconosceva l’obiezione e al servizio civile sostitutivo per motivi morali, religiosi e filosofici.
Si tratta, però, di un recepimento sottoposto a pesanti limiti culturali e giuridici, oltre a contenere norme discriminatorie verso gli obiettori.
La legge “Marcora” rese possibile la scarcerazione dei giovani obiettori di coscienza e contemporaneamente segnò un cambiamento storico nella legislazione italiana, perché introdusse la possibilità di rifiutare il servizio militare con le armi sostituendolo con un servizio militare non armato. Con questa legge l’obiezione di coscienza non veniva ancora considerata un diritto, ma un beneficio concesso dallo Stato a precise condizioni e conseguenze: la gestione del servizio civile restava nelle mani del Ministero della Difesa.

La legge, restrittiva e punitiva (8 mesi di servizio in più, commissione giudicante, esclusione delle motivazioni politiche, dipendenza dai codici e dai tribunali militari), fece nascere subito un movimento di lotta degli obiettori che si unirono nella Lega Obiettori di Coscienza (LOC).

Nel 1985 la Corte costituzionale, presieduta allora da Leopoldo Elia, aveva sentenziato che tra l’articolo 52 della Costituzione (quello del “sacro dovere” di difendere la patria) e la legge sull’obiezione di coscienza non v’era contrasto, in quanto la difesa della patria può essere espletata sia attraverso una difesa armata sia attraverso una difesa non armata. Così, il Servizio Civile degli obiettori di coscienza “non si traduce assolutamente in una deroga al dovere di difesa della Patria, ben suscettibile di adempimento attraverso la prestazione di adeguati comportamenti di impegno sociale non armato”.

Con la sentenza n. 470 della Corte Costituzionale, pubblicata a luglio del 1989, la maggior durata di otto mesi del servizio civile rispetto alla durata del servizio militare è dichiarata incostituzionale perché discriminatoria. In attesa di una definizione parlamentare della durata del servizio civile, la sentenza della Corte produce l’effetto di parificare la durata fra i due servizi.
Tale pari durata è poi recepita dalla legge 230/98 che riforma sia l’istituto dell’obiezione di coscienza che il servizio civile.
Per anni gli Enti e le Associazioni si sono battute per una modifica della legge e per il pieno riconoscimento del diritto all’obiezione di coscienza. Nel 1992 il Parlamento licenziò un nuovo testo di legge, ma l’allora Presidente Francesco Cossiga, rifiutò di firmarla per incostituzionalità, la rinviò al Parlamento con una serie di note di perplessità sul fenomeno OdC. Il giorno dopo il Presidente sciolse le Camere e la legge tornò in alto mare.
Il venir meno della maggior durata produce un aumento sempre più significativo del numero di domande di obiezione di coscienza arrivando, con la fine degli anni ’90, ad un numero di obiettori superiore a quello dei militari di leva in servizio militare obbligatorio: 16.000 domande nel 1990, 30.000 domande nel 1994, 70.000 nel 1998.
Nel Febbraio 1996, a compimento di una lunga istruttoria interna, ARCI, Arciragazzi, Legambiente e Uisp deliberano di dare vita all’Associazione Nazionale Arci Servizio Civile affidando ad essa i compiti prima affidati al Coordinamento Nazionale Arci Servizio Civile.
Nel marzo del 1998 si conclude il lunghissimo iter parlamentare di riforma della legge 772/72, iniziato già nel 1987 e con la legge 230 è riconosciuto il diritto all’obiezione di coscienza al servizio militare obbligatorio, legittimando in tal modo la libertà di coscienza sui modi con i quali i cittadini di sesso maschile sono tenuti a partecipare alla difesa della Patria. La gestione del servizio civile è, altresì, profondamente innovata con il trasferimento delle competenze alla Presidenza del Consiglio dei Ministri-Ufficio Nazionale per il Servizio Civile (UNSC).

Con questa ultima legge l’obiezione di coscienza non è più un beneficio concesso dallo Stato, ma diventa un diritto della persona: il Servizio Civile rappresenta un modo alternativo di “servire la patria”, con una durata pari al servizio militare, a contatto con la realtà sociale, con i suoi problemi, con le sue sfide.

Con legge 8 luglio 1998 n° 230, è stata istituita presso l’UNSC la Consulta Nazionale per il Servizio Civile quale “organismo permanente di consultazione, riferimento e confronto per il medesimo Ufficio”.
Il Presidente del Consiglio dei Ministri, con proprio decreto (DPCM), disciplina l’organizzazione e l’attività della Consulta, nomina i componenti e stabilisce la durata dell’incarico.
Nel settembre 1999, il Governo D’Alema decide la trasformazione delle Forze Armate Italiane, passando dall’arruolamento tramite leva obbligatoria ad un arruolamento su base volontaria, rivolto ad uomini e donne, di cittadinanza italiana.
Siamo a una svolta, sono ormai maturi i tempi per una radicale riforma del Servizio Militare.
La Legge 14 novembre 2000, n. 331 recante “Norme per l’istituzione del Servizio Militare professionale”, muta profondamente la natura del Servizio di leva che diventa volontario e professionale, determinando così la conclusione della obiezione di coscienza a partire dal 2007.

Nell’agosto 2004 dopo appena un lustro dalla promulgazione della legge 230, il Parlamento anticipa al 1° gennaio 2005 la sospensione della leva obbligatoria con la legge 23 agosto 2004 n. 226, “Sospensione anticipata del servizio obbligatorio di leva e disciplina dei volontari di truppa in ferma prefissata, nonché delega al Governo per il conseguente coordinamento con la normativa di settore”.
Il Decreto legge 30 giugno 2005, n. 115 prevede, su domanda degli obiettori ancora in servizio, la concessione del congedo anticipato al 1° luglio 2005.

La sospensione della leva obbligatoria pone l’interrogativo sul futuro del Servizio civile, che continuava ad essere un peso più che una risorsa, nonostante la già citata sentenza della Corte costituzionale del 1985.

Fu così che nacque la Legge 64/2001, una legge di fatto “vuota”, scritta quasi frettolosamente, che rimanda nelle norme sulla gestione alla L.230/98, che risolve per il nostro Stato la questione del “E ora che ne facciamo del servizio civile?”.

L’approvazione della legge 64 del 6 marzo 2001 ha disposto l’istituzione del Servizio Civile Nazionale in Italia.

Nell’art. 1 della Legge, il Servizio Civile Nazionale è finalizzato a:
– concorrere, in alternativa al servizio militare obbligatorio, alla difesa della Patria con mezzi ed attività non militari;
– favorire la realizzazione dei principi costituzionali di solidarietà sociale;
– promuovere la solidarietà e la cooperazione, a livello nazionale ed internazionale, con particolare riguardo alla tutela dei diritti sociali, ai servizi alla persona ed alla educazione alla pace fra i popoli;
– partecipare alla salvaguardia e tutela del patrimonio della Nazione, con particolare riguardo ai settori ambientale, anche sotto l’aspetto dell’agricoltura in zona di montagna, forestale, storico-artistico, culturale e della protezione civile;
– contribuire alla formazione civica, sociale, culturale e professionale dei giovani mediante attività svolte anche in enti ed amministrazioni operanti all’estero.
Le aree di intervento nelle quali è possibile prestare il servizio civile sono riconducibili ai settori:
assistenza, protezione civile, ambiente, patrimonio artistico e culturale, educazione e promozione culturale, servizio civile all’estero.
Con la sospensione della Leva obbligatoria, dal 1° gennaio 2005, sia il servizio militare sia quello civile sono articolati su base volontaria. L’organo dello Stato che gestisce il Servizio Civile Nazionale è l’Ufficio Nazionale per il Servizio Civile (UNSC).
Con la pubblicazione del Decreto legge 30 giugno 2005, n° 115, cala definitivamente il sipario sulla lunga ed accesa vicenda della obiezione di coscienza, consentendo agli obiettori in servizio, la possibilità di concludere la propria esperienza di Servizio civile obbligatorio al 1° luglio 2005 anticipando la naturale scadenza prevista ad ottobre 2005.

Il 2005 è quindi l’anno nel quale a tutti i ragazzi, maschi o femmine, è concesso di partecipare volontariamente al SCN: si passa dal 6% di adesioni maschili del 2004 (soggetti riformati alla leva obbligatoria), al 25% del 2005, al 35% del 2011.

 

Nel 2005 l’UNSC avvia al servizio 45.175 volontari impiegati in 3.451 progetti che coinvolgono 1.601 enti in attività espletate in Italia e all’estero. I progetti all’estero, poco più del 2%, contribuiscono ad esportare gli ideali di pace e fratellanza della nostra democrazia.

Il consenso dei giovani è cresciuto di anno in anno: dai 181 ragazzi del 2001, si è passati ai 45.175 del 2005, per arrivare ai circa 50.000 previsti a fine 2006.

Si cominciano a raccogliere le prime tesi di laurea sul tema “Servizio Civile Nazionale” che testimoniano il desiderio dei giovani di approfondire la conoscenza del vero significato del “servizio”, delle problematiche e dei valori connessi a questa esperienza tutta italiana che è il Servizio Civile Nazionale.

Con il Protocollo d’intesa del 26 gennaio 2006 “Intesa tra l’Ufficio nazionale per il servizio civile, le Regioni e le Province autonome per l’entrata in vigore del D.lgs. 77 del 2002”, si è avviato il passaggio di attribuzione delle competenze – inerenti al Servizio Civile Nazionale – alle Regioni e alle Province Autonome.

Ulteriore passo nello sviluppo del Servizio civile in Italia si ha nel 2006, anno che vede la partecipazione dei volontari in SCN alla Consulta, costituita così da 15 membri:

  • 8 dei quali in rappresentanza degli enti e dei loro organi rappresentativi,
  • 1 rappresentante della Conferenza Stato-Regioni,
  • 1 rappresentante del Dipartimento della Protezione Civile,
  • 1 rappresentante dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani,
  • 4 rappresentanti dei volontari di SCN.

Dal 2007 inizia un periodo buio per il SCN, che vede il dimezzarsi dei fondi destinati all’avvio dei giovani volontari, giungendo agli appena 15.466 previsti nel bando ordinario 2013.

Nel 2012 non è stato pubblicato addirittura nessun bando ordinario di SCN, così come nel 2014.

Dal 2012 viene istituito il Dipartimento della gioventù e del SC, che assorbe l’Ufficio Nazionale per il Servizio civile al suo interno.

Nonostante l’interesse di parlamentari, Enti e volontari, nonostante la stessa sentenza dello scorso 13 gennaio del Tribunale di Milano, a favore di un cittadino pakistano che voleva svolgere SCN, con cui si fa un passo avanti nell’accesso al SCN anche degli stranieri residenti, accogliendo una richiesta che Arci Servizio Civile aveva già avanzato e porta avanti dal 2006, la revisione e modifica della L.64/2001 non è ancora avvenuta, così come incerta rimane la consistenza del fondo destinato agli avvii.

 La partecipazione civica attraverso la solidarietà sociale e l’associazionismo di promozione sociale è uno dei tratti più significativi della storia del nostro Paese. Questa partecipazione, che si manifesta ogni giorno e diventa impressionante nelle emergenze della storia nazionale, ha radici profonde, secolari e trova linfa nei valori religiosi e laici di solidarietà, eguaglianza, giustizia sociale, partecipazione diretta.

In tale contesto il Servizio Civile Nazionale costituisce una singolare modalità di partecipazione che coniuga i principi costituzionali di solidarietà, difesa della patria, crescita personale, richiamando, in particolare, agli art. 2, 3, 11 e 52 della nostra Costituzione.
Le istituzioni della Repubblica Italiana non creano lo spirito della partecipazione civica, ma hanno la responsabilità di dargli sostegno e di incoraggiare chi la vive. La legge 6 marzo 2001 n° 64 “Istituzione del servizio civile nazionale” è il segno di questa responsabilità.