La mia esperienza del servizio civile e quella dei miei colleghi è iniziata in un’afosa giornata di luglio, ci siamo incontrati tutti presso la sede della Fondazione Istituto Gramsci, lì abbiamo incontrato i dipendenti dell’archivio, della biblioteca e dell’amministrazione e non avremmo mai pensato che quel gruppo di persone ci avrebbe accolto in maniera così professionale e al contempo familiare.
Prima di essere scelti abbiamo però dovuto affrontare una selezione e un colloquio e già questo è stato interessante. E’ stato stimolante, infatti, essere a contatto con ragazzi della tua stessa età pronti a mettersi in gioco e spinti da motivazioni comuni tra cui, forse, la più condivisa era quella di sentirsi pronti a mettersi a servizio della società in cui viviamo e, nel nostro piccolo, provare a cambiarla. Ognuno di noi aveva scelto un progetto diverso a seconda delle proprie inclinazioni e motivazioni, chi inerente alla tutela dell’ambiente, chi voleva confrontarsi con l’inserimento di gruppi sociali emarginati ed era spinto dal desiderio di permetterne l’inclusione, chi aveva deciso di impegnare un anno della propria vita nel cercare di donare un po’ di sollievo a persone malate e chi, come noi, desiderava cimentarsi in un progetto culturale e di conservazione, convinti che anche questo porta un giovamento alla società.
Le prime settimane del servizio civile sono state caratterizzate dalla risistemazione dei fondi Squarzina, Aleramo e Visconti che prima erano collocati in un’altra sede della Fondazione e ora invece si è deciso, per motivi logistici e di maggiore fruibilità degli utenti di custodire tutto insieme. E’ proprio questa una delle caratteristiche più apprezzabili del team di lavoro all’interno dell’Istituto, la centralità che acquisisce l’utente dell’archivio e della biblioteca nella progettazione e nelle decisioni che vengono prese, si è consapevoli infatti del patrimonio documentario e librario unico in Italia che conserva l’Istituto e si cerca di fare di tutto per preservarlo e per permetterne l’utilizzo anche per le generazioni future.
Proprio in funzione di ciò, il progetto per cui io e miei colleghi siamo stati scelti “Documenti per la storia del ‘900. Digitalizzare per conservare e diffondere” mira non solo alla tutela e conservazione “tradizionale” dei fondi archivistici, ma sopratutto a digitalizzarli per ovviare alla inevitabile usura della carta (si tratta in alcuni casi di documenti delicatissimi risalenti ai primi decenni del ‘900, scritti su carte veline perché erano lettere e missive dei partigiani e proprio questo loro supporto li rende ancora più delicati e difficili anche da maneggiare per la paura che si possano rovinare) e per inserirli in “Digital library” che possano così permettere la consultazione online da qualsiasi parte d’Italia e di Paesi esteri così da rendere il sapere e la storia davvero accessibile a tutti.
Molti pensano che il servizio civile svolto in un archivio e biblioteca sia un lavoro noioso, fatto di scaffali pieno di libri e cartelle d’archivio polverosi, in realtà non è così, è un lavoro appassionante, ti permette di entrare nelle vite di quei partigiani che hanno rischiato la loro vita per una causa comune, ti permette di capire come erano organizzate e le gerarchie delle Brigate Garibaldi, tutte cose che i libri di scuola tacciono o trattano in maniera superficiale.
Noi ci sentiamo di consigliare assolutamente l’esperienza del servizio civile a quei ragazzi desiderosi di mettersi in gioco, di provare un’esperienza di lavoro incentrata però sui valori del volontariato, convinti dell’esigenza della promozione dei principi di solidarietà e cooperazione anche per la salvaguardia e tutela del nostro patrimonio nazionale. Sarà sicuramente un’esperienza di crescita personale difficile da dimenticare.
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