Fino ad un anno fa l’idea che avevo del Servizio civile era molto vaga. Anche se dedicare un anno della mia vita a un lavoro utile per la comunità mi sembrava un’esperienza importante per una crescita personale, sono sempre stata presa dagli studi e mi sono dedicata ad un campo che io vedevo lontano dai compiti di assistenza e cooperazione sociale che vedevo propri del Servizio civile.
In seguito ho scoperto che i progetti coprivano più ambiti di quanto mi aspettassi e che vi fosse l’opportunità per me, che mi dedico al patrimonio culturale, di spendere le mie conoscenze e le mie capacità nel Servizio civile. La cultura è un valore che va protetto e diffuso, attraverso diversi canali: tra questi vi sono gli archivi e le biblioteche.
Quando appena laureata in Archivistica e biblioteconomia ho scoperto di poter svolgere mansioni legate alla conservazione e alla valorizzazione del patrimonio documentario della Fondazione Gramsci, non mi sono lasciata sfuggire l’occasione di lavorare in un centro che da decenni si occupa di preservare la memoria storica e ne diffonde la sua conoscenza con una grande produzione culturale di altissimo livello scientifico.
Il lavoro in archivio e in biblioteca, secondo il mio punto di vista, viene rafforzato per il fatto di essere inteso quale volontariato a protezione del patrimonio culturale italiano, in quanto a seguito dei miei studi ho interiorizzato l’idea che il lavoro dell’archivistica e del bibliotecario è come una missione che lavora affinché la cultura sia accessibile a tutti, quale diritto da garantire senza limiti e discriminazioni di alcun tipo. Secondo il principio che un Paese democratico è formato da cittadini coscienti dei propri diritti – doveri e consapevoli della propria storia, l’ignoranza al contrario è un efficace strumento a servizio dei regimi totalitari: i servizi svolti dalle biblioteche e degli archivi, insieme alle scuole porte di accesso alla conoscenza, sono indispensabili allo stato di salute della democrazia. Ogni giorno svolgo il mio servizio con questa consapevolezza che mi porta a mettere molta passione e impegno nel mio lavoro, tanto da rendere lievi le fatiche quotidiane a cui sono sottoposta.
Il progetto di cui mi occupo è intitolato “Documenti per la storia del Novecento. Digitalizzare per conservare e diffondere” ed ha l’obiettivo di curare la conservazione di carte dal notevole valore storico e renderle consultabili e quindi valorizzarle attraverso una descrizione accurata e soprattutto la digitalizzazione. Ho modo di confrontarmi anche con gli utenti: studenti, studiosi e ricercatori che vengono alla Fondazione Gramsci, spesso anche dall’estero, per consultare il patrimonio conservato: la numerosità degli utenti danno l’idea dell’interesse che questi fondi documentari e librari hanno.
Quando non attendiamo all’utenza ci occupiamo della schedatura documentaria, in particolare io mi sto occupando di un progetto di recupero e valorizzazione della memoria della Resistenza italiana, su cui la Fondazione possiede abbondante documentazione. Mi sta appassionando questo lavoro fra le “carte dei partigiani”, che rappresentano una traccia tangibile di una pagina importantissima per la storia italiana. La passione per la storia è fondamentale al mio lavoro perché esso mi porta a una continua ricerca fra le “cose del passato” e a fare ogni giorno piccole scoperte che costituiscono minuscoli tasselli per rendere più chiaro il quadro storico.
Se dovessi pensare ai momenti più interessanti del lavoro svolto finora, penso a quando siamo andati in una casa privata a prendere degli archivi donati alla Fondazione: i fondi documentari personali di Giovanni Berlinguer e Giuliana Ruggerini Berlinguer, coniugi recentemente scomparsi. Per me l’esperienza è stata molto interessante in quanto mi ha consentito di vedere come le carte in origine vengono conservate entro le mura domestiche, una visione diversa da quella a cui sono abituata, vedendo sempre i fondi documentari nel contesto “più freddo” di un istituto adibito alla conservazione del patrimonio.
A casa dei Berlinguer mi sono ritrovata, insieme alle archiviste del Gramsci, mentre riempivamo scatole e scatole di carte, ad acquisire la consapevolezza che avevamo in mano tracce vive dell’esistenza di due vite. Il lavoro è stato svolto in presenza dei figli dei Berliguer, cosa che ha reso l’esperienza ancora più unica perché ha reso il lavoro tecnico condito dai loro ricordi, che ci hanno narrato con passione ripercorrendo attraverso le carte che tiravamo fuori dagli armadi le storie dei propri genitori. Questi archivi adesso custoditi alla Fondazione Gramsci costituiscono gli ultimi fondi acquisiti: c’è da fare un gran lavoro su questo patrimonio che è ancora da scoprire, studiare e valorizzare.
Il Servizio civile con Arci Servizio Civile Roma mi ha dato anche l’opportunità di partecipare alla “Setmana pels drets de la juventut” (Settimana dei diritti della gioventù), un’esperienza di interscambio con giovani di altre nazionalità. L’iniziativa organizzata dalla Fundacio Esplai ad El Prat de Llobregat (Barcellona), con il patrocinio di Erasmus Plus, ha visto la partecipazione di 20 ragazzi italiani, 20 spagnoli e 20 portoghesi, impegnati a confrontarsi sul tema della salute, argomento scelto per quest’anno. Io ho colto l’occasione perché ero interessata ad una esperienza che mi mettesse a contatto con persone diverse, provenienti da altri paesi, consapevole che dal confronto si impara sempre molto e nella conoscenza dell’altro si scopre molto di sé stessi. Il viaggio non ha deluso le mie aspettative! Nonostante il fatto che alcune attività, volte ad un apprendimento di tipo esperienziale (a cui non sono abituata), ammetto, mi abbiamo messo a disagio, penso che proprio dal confronto con questo disagio derivi un superamento di certi limiti dettati dalla pigrizia o dal nostro carattere.
“Mettersi in gioco” è stato il monito che mi sono data in quei giorni, nel mettersi in gioco si ritrova il senso del Servizio civile che è un percorso che io consiglierei a tutti perché è un’esperienza formativa, che permette di sviluppare delle capacità utili per tutta la vita e in alcuni casi può anche essere una forma di avviamento al mondo del lavoro, soprattutto quando porta alla scoperta di vocazioni inaspettate.
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