L’anno di servizio civile svolto presso la Fondazione Gramsci mi ha consentito di contribuire alla conservazione e alla valorizzazione del patrimonio storico-culturale ma soprattutto di riflettere sul significato del percorso che stavo svolgendo.
Il servizio civile, oggi volontario e aperto ad ambo i sessi, è frutto di una conquista e ha alle spalle una storia di obiezioni di coscienza, di disobbedienza civile, di opposizione, per principi morali politici o religiosi, dinanzi all’arbitrio di un potere superiore molto più forte ritenuto però ingiusto. Senza dilungarsi sui movimenti non violenti, Aldo Capitini, Pietro Pinna, Don Lorenzo Milani e la grande ondata di renitenza alla leva nell’epoca della guerra in Vietnam, bisogna ricordare però i principi di una scelta, pagata anche a caro prezzo, e il suo insegnamento ancora attuale. Ci sono infatti molti modi per contribuire alla difesa dei valori della patria ed è giusto opporsi ad una legge contraria ai propri principi; le leggi, infatti, possono cambiare, se ci si impegna in tal senso. È di fondamentale importanza quindi stabilire i propri principi guida, decidere che tipo di cittadini vogliamo essere, e l’anno di servizio civile è un buon momento per farlo.
Esso è anche un anno di formazione, di impegno nel sociale durante il quale mettersi alla prova e acquisire nuove competenze. Non deve però essere considerato, come spesso accade, unicamente un modo per arginare la disoccupazione giovanile o sopperire alla carenza di organico delle associazioni del terzo settore, perché in questo modo si spoglia l’esperienza del suo significato complessivo. Certo, il lavoro quotidiano, settoriale, rischia di scivolare in questa direzione ma l’impegno di Arci Servizio Civile e delle giornate di formazione da esso organizzate aiutano a non perdere il senso del percorso generale.
Nell’arco di quest’anno ho partecipato a quattro giornate di formazione generale e ho potuto scegliere tra una vasta gamma di formazioni aggiuntive. Nel corso delle prime, attraverso lezioni frontali ma anche dinamiche non formali e formazione a distanza, noi volontari abbiamo acquisito nozioni sui valori e la storia del servizio civile e sul concetto di cittadinanza attiva. Ho apprezzato soprattutto i momenti di dialogo e confronto con gli altri volontari, mediati attraverso la forma del gioco, in particolare il lavoro fatto per tracciare i principi di una nostra ideale Costituzione. Le giornate di formazione aggiuntiva, invece, vertevano su temi vari e trasversali, per meglio venire incontro alle diverse sensibilità. Io ne ho approfittato per imparare il più possibile e ho partecipato a quasi tutti gli incontri disponibili, dal corso BLS di primo soccorso alla guida attraverso la giungla dei contratti precari, fornita dalla GCIL, passando per il dibattito su realtà e stereotipi intorno ai campi Rom e l’escursione nella natura offerta dai volontari in servizio presso la riserva dell’Aniene.
Considerando che “il Servizio Civile Nazionale ha tra i suoi principali obiettivi quello di contribuire alla formazione civica, sociale, culturale, professionale dei giovani (art.1 L64/2001)”, credo che questo obiettivo sia stato pienamente raggiunto. Ho imparato molte cose che non conoscevo, approfondito altre e riflettuto sul ruolo sempre più bistratto (e quindi mai così necessario) di chi opera nel e per il sociale. Un impegno però che non può essere demandato solo agli “addetti ai lavori” ma che richiede un atteggiamento critico e consapevole da parte di tutti i cittadini, nel corso della nostra vita quotidiana. La non violenza, la solidarietà, l’impegno per i ceti disagiati e la promozione culturale, proposti da tanti illustri predecessori e trasmessi nell’ambito del servizio civile sono valori che mi hanno conquistato.
E tu, quali vuoi che siano i tuoi?
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