Quando ho presentato domanda per il bando del servizio civile regionale, avevo già fatto qualche esperienza di volontariato, ma non potevo immaginare cosa mi avrebbe aspettato nei successivi undici mesi. Fare servizio civile vuol dire molto di più che dedicare qualche ora alla settimana a dare una mano dove servi a qualcuno. Vuol dire prendere un impegno con lo Stato per offrire un servizio pubblico utile alla comunità, acquisire una percezione nuova della città in cui vivi. Di lì a poco, ho conosciuto un sacco di gente che mai avrei avuto occasione di conoscere prima. Tra colleghi, tirocinanti, volontari e chi deve scontare la pena per non avere passato l’alcol test, posso dire che il posto dove ho trascorso maggiormente gli ultimi mesi è senz’altro quello più ricco di varietà umana.
Si tratta di una scuola di italiano per stranieri, dove si aiutano anche i bambini e gli adolescenti a fare i compiti. Stare a contatto con i più giovani mi piace molto, perché mi aiuta a non perdere di vista il mondo così come sta andando avanti. Tante volte tendiamo a fossilizzarci sul nostro punto di vista, semplificando tutto quello che non riusciamo a capire con sentenze sbrigative e luoghi comuni. Ritrovarsi a insegnare la differenza tra il passato prossimo e l’imperfetto, la termodinamica, o le guerre persiane (realizzando che citare il film “300” non è più un esempio lampante per le nuove generazioni), mi ha fatto capire l’importanza dell’immedesimarsi nell’altro, cercare di capirlo e di aprirci un dialogo. Solo così è possibile arricchirsi e crescere in un mondo che cambia. Inoltre, ho riscoperto il piacere della collaborazione e della condivisione: anche quando gli orari erano estenuanti è stato bello essere tutti lì insieme.