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Curiosità, creatività e dialogo

Curiosità, creatività e dialogo

Se dovessi descrivere con poche parole la mia esperienza da volontaria alla Biblioteca Modesti di  Saludecio, sicuramente sarebbero queste: curiosità, creatività e dialogo. Tre parole importanti – un mantra del mio lavoro ideale, probabilmente – racchiuse in ogni attività svolta in biblioteca.

Premettiamo, anzitutto, che se la professione del bibliotecario è tutt’oggi pressoché sconosciuta – e ben celata dietro il solito cliché del “solitario topo-lettore dai desideri stinti” -, figuriamoci quel che si può pensare dell’esercizio di una tale professione (non è un semplice hobby) in un centro di piccole dimensioni e poche anime. Eppure, ogni giorno mi rendo sempre più conto di quanto l’esistenza di piccoli centri di lettura o di biblioteche di medie dimensioni sia di vitale importanza anche qui, dove non ci sono mandrie di studenti universitari pronti ad assaltare gli scaffali e a riempire di numeri i report di fine anno, ma dove familiarizzare con l’utente diventa un privilegio e una conquista. Dove quelle “poche” anime sono persone che trovano nello spazio della biblioteca un ristoro interiore e significative occasioni di condivisione di pensieri, esperienze, ricordi… Perché il servizio di reference non è, come molti credono, un meccanico prestito-rientro, ma può trasformarsi gradualmente in momenti di vera condivisione, e sono proprio questi quelli che danno al bibliotecario maggiore soddisfazione. I consigli di lettura sono solo una parte dell’opera, forse la più piccola, seppur non meno significativa. La scelta di un libro può persino considerarsi curativa, ci ritempra dagli affanni e ci catapulta in luoghi più lontani per permetterci di ritrovar-ci nello spazio indecifrabile di noi stessi – qui sta il potere catartico della narrazione. Un potere non indifferente, custodito nel patrimonio librario. Un patrimonio che parla di noi, della nostra storia e nelle nostre storie. Salvaguardarlo, conservarne la memoria, significa tenerla viva nei lettori. Un compito urgente che il progetto a cui ho preso parte, “Biblioteche: conoscenza e memoria”, ha saputo riconoscere e affrontare. E al quale ho scelto subito di aderire, proprio qui a Saludecio, dove sono cresciuta e sono tornata, memore della bellissima esperienza formativa svolta durante il tirocinio universitario ormai più di 5 anni fa. La biblioteca è cresciuta in questo lasso di tempo, ha implementato considerevolmente il suo fondo librario, la sua fetta di utenti e la mole di mansioni da svolgere. Ciò che più sto apprezzando del mio servizio qui è la possibilità, che le bibliotecarie mi hanno dato, di spendermi in ogni singola attività svolta. Ho incontrato persone coinvolgenti, capaci di anteporre la collaborazione al proprio ego – ahimè, una rarità oggigiorno – e desiderose di trasmettere il proprio bagaglio di conoscenze ed esperienze, lavorando alla pari. Qui alla Modesti il confronto è una parola d’obbligo e – complice la penuria di risorse che rimanda all’intramontabile e veritiero, in pieno stile italico, “si fa di necessità virtù” – sempre creativo.
Dalla realizzazione di materiali per i progetti con le scuole (cartelloni old style, cadeux rigorosamente hand made per i più piccini e tanto altro ancora), agli allestimenti ad hoc per gli eventi che si celebrano in Paese, dagli scaffali a tema, alle attività di promozione sui social. E poi c’è lui, che ha rapito buona parte del mio tempo qui alla Modesti: l’Archivio storico della biblioteca. Un gioiello impolverato e tutto da sistemare al quale mi dedico con passione, cercando di scovarne possibili filoni di ricerca ancora tutti da percorrere.
Quando si trovano, ad esempio, tra le pagine di un libro antico indizi sul suo proprietario, ecco che può aprirsi una grande parentesi, che, come qui è accaduto, può rientrare a far  parte della storia del nostro Comune. Ripercorrerne le tracce significa, in qualche modo, ridare vita a qualcosa che non c’è più, ma che può continuare a vivere nelle nostre memorie. Conoscenza e memoria, ancora una volta. Non una dicotomia, ma un nesso inscindibile, da coltivare.