Mercoledì 20 novembre sono stati avviati i quattro progetti di Servizio Civile regionale, esito del secondo bando emesso ai sensi della Legge Regionale 7/2015.
Nel plaudire la Regione per aver voluto proseguire su questa strada, dopo il primo bando sperimentale, apprendiamo con preoccupazione alcuni elementi, che emergono dalla conferenza stampa di presentazione dei progetti.
Il Servizio Civile, ahimè, ancora una volta sembrerebbe piegato a logiche emergenziali, ma soprattutto compare la narrazione di un’attività che vedrebbe i e le giovani impiegati in una sorta di ‘ronde’ a presidio del territorio.
Espressioni e termini quali ‘presidiare il territorio’, ‘contrastare lo spaccio’, ‘pulire i giardini dalla sporcizia’, ‘piazze di spaccio’, ci preoccupano. Non solo perché lontane dal significato del Servizio Civile, che vuole essere esperienza della persona e promozione della partecipazione civica, ma anche perché prefigurano l’impiego di giovani e giovanissimi/e in attività più simili a prerogative delle Forze dell’Ordine, che a competenze loro. Il rischio è che i protagonisti di questa esperienza siano lasciati allo sbaraglio, a contrastare problemi che richiederebbero ben altri interventi e dispiego di risorse, educative, sociali, assistenziali, di supporto psicologico…
Oltre a ciò non possiamo non notare che, a dispetto di un intento di rilancio della misura, i posti previsti sono la metà di quelli banditi nel 2023.
In ultimo non abbiamo compreso la scelta della Giunta regionale di escludere, dalla procedura di presentazione dei progetti, tutti gli enti che avevano partecipato alla sperimentazione tagliando fuori, di fatto, la maggior parte degli enti di Servizio Civile piemontesi.
Una scelta che non valorizza l’impegno delle organizzazioni che, nel corso del 2024, si sono messe in gioco nella gestione di un Servizio Civile tutto da costruire e che, grazie a loro, si è concretizzato in progetti utili alla comunità. Questa scelta rischia di ridurre a una ‘nicchia’ un’esperienza che avrebbe potuto avere molta più rilevanza e che ci auguriamo ne possa avere in futuro.
Su tutto questo chiediamo un confronto imminente con l’Assessore, nell’ottica di aggiustare il tiro di quello che può e deve essere un laboratorio di buone pratiche, ma che così rischia di avere poco a che vedere con il Servizio Civile Universale, e che resta il punto di riferimento per un’esperienza di difesa non armata e non violenta del Paese, per il maggior numero possibile di giovani.