Questa notizia è una di quelle destinate ad entrare nella storia. Una storia dalla quale peraltro l’Italia rischia di stare alla finestra.
Proprio in queste ore apprendiamo che all’Ican, la Campagna Internazionale per il Disarmo Nucleare, è destinato il Premio Nobel per la Pace 2017.
Fra le motivazioni si legge l’intento di riconoscere «il suo ruolo nel fare luce sulle catastrofiche conseguenze di un qualunque utilizzo di armi nucleari e per i suoi sforzi innovativi per arrivare a un trattato di proibizioni di queste armi».
Arci Servizio Civile, da sempre schierata con i movimenti per il disarmo, accoglie con grande gioia la notizia così come la lettura che ne da il direttore della Campagna Beatrice Fihn: questo premio «è un messaggio agli stati che hanno armi nucleari».
Lorenzo Siviero, presidente di Arci Servizio Civile Piemonte, afferma come «l’importante scelta, simbolica ma anche fortemente politica, fatta dal Comitato norvegese per il Nobel, si inserisce tempestivamente in un quadro europeo che vede profilarsi l’aumento delle spese militari in chiave difensiva come strategia per la gestione dei flussi migratori ed in quello mondiale con la follia nucleare di Pyongyang e la scellerata gestione della crisi da parte del Presidente Trump».
Solo nel 2016 l’Italia ha previsto un piano di finanziamento per la gestione dell’ “emergenza migratoria” per un totale approssimativo di 90 milioni di Euro, finalizzati all’acquisto di armamento e alla ricerca tecnologica militare; il piano settennale di finanziamento militare prevede una spesa complessiva pari a circa 3 milioni di Euro, quindi una media di 500 milioni di Euro annui (fonte MIL€X).
Il piano è stato costruito e proposto in funzione al recente aumento del fenomeno migratorio ed è stato approvato sull’onda xenofoba di una presunta invasione nazionale, spesso fomentata da una retorica della paura proposta da talune pericolose posizioni politiche.
Il Nobel ad una campagna, dice ancora Siviero, «è inoltre significativo perché premia un impegno ed un lavoro collettivo, ‘dal basso’, partecipato. Come a dire l’impegno di migliaia di cittadini di tutto il modo, forse ancora di più che di una sola figura carismatica, può essere la chiave di lettura per affrontare istanze complesse e obiettivi apparentemente irraggiungibili.
Ora ci auguriamo si arrivi speditamente alla ratifica, da parte dei 50 stati che lo hanno sottoscritto, del nuovo Trattato per la messa al bando delle armi nucleari adottato dall’Onu lo scorso luglio.
Su questo il nostro Paese ha il dovere di ripensarci, tornare sui suoi passi e sottoscrivere il Trattato: con il Nobel arriva un richiamo, se possibile ancora più forte e chiaro per andare in questa direzione. Un futuro di disarmo è possibile».