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UN ANNO IN MUSEO: INTERVISTA A FRANCESCA

UN ANNO IN MUSEO: INTERVISTA A FRANCESCA

Per il Museo Archeologico di Cesena, al pari delle volontarie, questa è la prima esperienza di Servizio Civile, non nuova invece per la Biblioteca Malatestiana moderna, che fa parte del Progetto “Culturoso” da diversi anni. Il Museo è ospitato infatti nell’ex refettorio francescano della struttura Malatestiana – più precisamente, si trova esattamente sotto la biblioteca antica e si affaccia sul suggestivo chiostro di San Francesco – dalla fine degli anni ’60. Sebbene sia poco conosciuto e non presenti un allestimento contemporaneo, il Museo Archeologico raccoglie e conserva la preziosa memoria locale e le tracce dei nostri antenati cesenati, offrendoci la possibilità di ricostruire la nostra storia a partire dalla Preistoria sino alla sua fase più conosciuta, quella di Malatesta Novello.

Per meglio conoscere il nuovo progetto della famiglia Arci Servizio Civile, abbiamo intervistato una delle due volontarie che presta servizio in questa struttura.

Partiamo dalle basi: quale motivo ti ha spinta a provare il percorso del Servizio Civile Nazionale?

Francesca: Da quando ho terminato gli studi circa due anni fa mi sono dedicata a quello che riguardava prettamente il mio ambito d’interesse principale, ovvero l’archeologia. Tra i miei progetti c’era anche quello di approfondire le mie conoscenze e magari cominciare un master in campo giuridico, applicato all’archeologia, ma avevo bisogno di un po’ di tempo per rifletterci. Ho pensato quindi di cercare qualcosa che coniugasse la mia passione, consolidando o rafforzando ciò che avevo imparato, e che mi desse anche un sostentamento minimo per poter mettere da parte un po’ di soldi da investire nei miei progetti con le mie forze. Mi sono guardata un po’ intorno e ho capito che i progetti del Servizio Civile si adicevano in pieno a ciò che volevo fare.

Come sei venuta a conoscenza del Servizio Civile e del Progetto Culturoso?

Francesca: Avevo già letto, in effetti, informazioni sul Servizio Civile l’anno precedente tramite la pagina del Comune di Cesena, ma il bando per l’iscrizione era già concluso; perciò ho approfondito la questione sul sito del Servizio Civile e mi sono organizzata per quest’anno.

Hai scelto di prestare servizio al Museo Archeologico di Cesena: conoscevi già la struttura prima di iniziare?

Francesca: Sì, sapevo già che ci fosse un Museo Archeologico a Cesena. Sul bando di Servizio veniva nominata la struttura della Biblioteca Malatestiana divisa in sezione libraria e sezione museale, perciò inizialmente non ero sicura se si riferissero al museo o alla biblioteca antica. Successivamente ho approfondito e confermato che si trattasse proprio di quello e ne ero contenta: per entrambe le tesi di laurea mi sono trovata ad analizzare molti siti archeologici locali e diversi dei reperti riguardanti la preistoria e protostoria che sono proprio esposti al museo.

Parlaci un po’ del Museo Archeologico: come lo descriveresti per chi non lo conosce?

Francesca: Il Museo Archeologico di Cesena non è una struttura ancora molto conosciuta, anzi, sta cominciando da quest’anno a collezionare un numero di visitatori più ampio, grazie ad una prima operazione pubblicitaria che, si spera, sarà potenziata negli anni successivi, con nuovi volontari del Servizio Civile e dal contributo cittadino e comunale. La sua storia, però, inizia molti anni fa: ha aperto per la prima volta le sue porte al pubblico nel 1967, conosciuto come Museo Storico dell’Antichità. Per via della sua impostazione storica improntata sul territorio locale, nel 1972, ha ricevuto una menzione particolare dall’UNESCO. Non è rimasto, tuttavia, sempre aperto da allora, ma ha conosciuto periodi di chiusura al pubblico e di riapertura per rinnovare l’apparato didascalico ed aggiungere nuovi reperti portati alla luce nel corso degli anni: l’ultimo allestimento risale al 1998.

Ciò che è esposto oggi al Museo riguarda principalmente reperti che raccontano la storia di Cesena e del territorio romagnolo limitrofo. L’accumulo degli oggetti, come viene spiegato nel primo pannello introduttivo del museo, è avvenuto in maniere diverse: è, da un lato, frutto di una secolare tradizione di studi antiquari locali, a partire dallo stimolo rinascimentale della Biblioteca Malatestiana; da un altro, si tratta di materiale recuperato da vecchi fondi – generalmente conservati dalla famiglia Chiaramonti, erede dei beni di Papa Pio VII; da un altro ancora, deriva da ritrovamenti casuali dati dagli scavi edilizi in ambito urbano.

Quando siamo arrivate noi volontarie ci è stato spiegato che per un po’ di tempo il Museo veniva aperto solo su richiesta dei turisti; negli ultimi due anni invece è stata decisa l’apertura annuale, seguendo gli orari della Biblioteca Antica ed integrandone il costo del biglietto. Per mantenerlo aperto dalle 7 alle 10 ore al giorno e per poterlo rimettere in sesto, però, era necessario altro personale: qui siamo entrate in gioco noi del Servizio Civile Nazionale.

Perché hai scelto il Progetto Culturoso e perché, in particolare, il museo?

Francesca: Sono convinta che la cultura sia un elemento fondamentale nella vita di ognuno di noi e che debba essere coltivata e diffusa da ogni cittadino: credo sia molto importante conoscere le proprie radici, ciò che la propria città è stata ed è tutt’ora. Ogni percorso proposto dal progetto valorizzava un aspetto diverso di ciò che la nostra città può culturalmente offrire, per questo li ho trovati tutti molto interessanti. Mi sono orientata alla struttura della Malatestiana perché penso che nulla più di una Biblioteca, così antica – e al contempo così attuale -, riconosciuta dall’UNESCO come Memoria del Mondo, rappresenti al meglio Cesena. Ovviamente la scelta è ricaduta nello specifico sul Museo Archeologico per deformazione professionale: sentivo che in questo ambito, più di tutti, avrei potuto dare il mio contributo e ricevere altrettanto in cambio.

Ti sei sentita accolta dal personale della Biblioteca Malatestiana e Museo Archeologico?

Francesca: Sin dai primi giorni mi sono sentita subito integrata all’interno dello staff. Il personale si è dimostrato molto accogliente nei nostri confronti e si è sempre reso disponibile a darci una mano se avessimo dubbi o problemi, non solo i primi giorni, in cui io e la mia compagna di Servizio dovevamo ancora orientarci all’interno della struttura, ma anche durante tutti i mesi successivi. Forse anche per la nostra età, siamo sempre state guidate e un po’ “coccolate” dai veterani della Malatestiana, ma, allo stesso tempo, investite senza problemi di diverse responsabilità. Maria Chiara, l’operatrice locale di progetto a cui io ed Ester facciamo riferimento, ci ha subito fatte sentire a nostro agio e ci ha sempre trattate tenendo in grande considerazione i nostri punti i vista e le nostre competenze. Sia lei che la nostra co-responsabile Benedetta, infatti, ci hanno direttamente coinvolte nei progetti di rinnovo che riguardavano il museo.

Che compiti ti sono affidati al Museo Archeologico?

Francesca: Il Servizio al Museo non segue una vera e propria routine ma può cambiare ogni giorno. Sin da quando abbiamo iniziato, infatti, abbiamo spaziato verso attività molto diverse e discontinue tra loro. Naturalmente abbiamo il nostro “punto fermo”, se così si può chiamare, che è quello di occuparci dell’apertura e chiusura del museo, dunque tutto ciò che riguarda il front office e l’accoglienza dei visitatori, con le loro necessità e le loro domande. Ci siamo occupate inizialmente del controllo e riordino di alcuni libri d’archivio del Museo dell’Agricoltura di Cesena, ma non sono mancati lavoretti saltuari o piccole commissioni per l’ufficio. Per ciò che riguarda, invece, direttamente il museo ed il tentativo di svecchiamento ipotizzato dall’Olp, ci siamo impegnate su diversi fronti: da un lato, ci è stato chiesto di ripensare la disposizione attuale delle teche e dei reperti esposti, disegnando varie planimetrie e preparando documentazione fotografica; dall’altro ci siamo concentrate sui contenuti, le tematiche e sul percorso espositivo, perciò ci è stata data l’opportunità di lavorare su una proposta di riscrittura dei pannelli e ad una guida sintetica da consegnare ai visitatori più veloci. A me in particolare, inoltre, è stato chiesto un paio di mesi fa di preparare una visita guidata del museo per due classi, cosa che non avevo mai fatto prima.

Se dovessi pensare ad uno (o più) pregi e difetti del fare servizio al Museo Archeologico, quali ti vengono in mente?

Francesca: Sicuramente abbiamo la fortuna di prestare servizio in una struttura protagonista della vita culturale della nostra città, il che permette a noi stesse di essere immerse e coinvolte in più ambiti d’interesse: attraverso la biblioteca, e quindi dal museo stesso, passano molte informazioni, svariati stimoli, diverse attività e numerose idee per iniziative che spesso abbiamo contribuito ad ospitare o, sebbene in minima parte, a mettere insieme. È inoltre superfluo dire che il luogo fisico in cui ci troviamo eserciti su noi volontari/e un certo fascino, essendo un tranquillo edificio storico.

Ovviamente la quiete che si respira quasi sempre qui al museo può diventare anche un’arma a doppio taglio nei periodi di minore turismo: la struttura, purtroppo, come dicevo, non è molto conosciuta anche se, di recente, si sta cercando di farle pubblicità anche appoggiandosi alla fama della biblioteca antica. Anche la distribuzione del lavoro non è sempre regolare perciò possono capitare anche lunghi periodi di calma piatta interrotti improvvisamente da altri più pieni e concentrati in tempi brevi. Diciamo quindi che se i momenti di poca affluenza dei visitatori vengono a coincidere con dei periodi in cui non c’è molto lavoro da sbrigare, il tempo può scorrere un po’ più lento del solito. Talvolta, anche i progetti che abbiamo sviluppato in autonomia sono stati, per motivi esterni legati ai finanziamenti o ai cambi di direttiva, interrotti o rimpiazzati da contributi specialistici.

Che cosa hai imparato in questi primi sei mesi di servizio?

Francesca: Ho imparato a fare maggiore affidamento sulle mie capacità e a non avere paura di mostrare le competenze che ho acquisito. Il lavoro a contatto con un pubblico sempre diverso e più o meno esigente mi ha aiutata molto ad essere più spontanea e più rilassata. Soprattutto le visite guidate, esperienza, come accennavo, del tutto nuova per me, sono state un buon espediente per mettermi alla prova ed imparare a muovermi con maggiore scioltezza: parlare davanti ad un pubblico adolescente mi metteva una grande agitazione poiché temevo di dimenticarmi ciò che mi ero preparata o di annoiarli e non riuscire a tenere vivo l’interesse. Invece si è rivelata una bella esperienza, per quanto impegnativa, che mi ha aiutata a gestire meglio “l’ansia da prestazione”.

All’inizio di ogni percorso è naturale farsi qualche aspettativa o darsi degli obiettivi. Che cosa ti eri prefissata di raggiungere e cosa hai ottenuto durante questi primi sei mesi e mezzo di Servizio?

Francesca: Certamente volevo mettermi in gioco, buttarmi in un progetto in parte diverso da ciò che sono abituata a fare; poi di sicuro c’è stata l’idea di offrire un servizio per gli altri in un ambito che mi appassionava. Un altro degli obiettivi più concreti che mi ero posta era quello di venire a contatto con una realtà dell’archeologia che non avevo ancora sperimentato, né avevo davvero preso in considerazione. Sono sempre stata convinta di dare priorità al lavoro sul campo, dunque ho collezionato svariate esperienze in ambito di scavo, tralasciando ciò che avveniva dopo, ovvero il contatto col pubblico e tutto ciò che riguarda l’esposizione, la comunicazione, la trasmissione del sapere. Prestando servizio qui, al contrario, ho scoperto che questo nuovo aspetto dell’archeologia mi interessa più di ciò che pensassi e che possa rivelare molte sorprese.

Nel percorso di ogni volontario del Servizio Civile sono previste numerose ore di formazione, generale e specifica, legate sia al modo di fare Servizio, sia al tipo di attività e struttura in cui si opera. Cosa ne pensi a riguardo? Quali formazioni secondo te sono state più valide per il tuo lavoro e per ciò che vorresti fare al di fuori del Servizio?

Francesca: Nel complesso le ho trovate utili. Certo, tutti sappiamo che le formazioni generali, essendo più lunghe, possono essere più pesanti. Tuttavia credo che, ognuna di esse, generali o specifiche che fossero, siano state in grado di darci le informazioni di cui avevamo bisogno e ci hanno aiutato a spaziare verso territori poco conosciuti. In particolare, ho trovato molto interessanti ed utili le formazioni specifiche svolte presso la Fondazione Tito Balestra a Longiano, perché erano incentrate non solo sulle tematiche culturali che riguardavano molte delle strutture del Progetto Culturoso, ma ti fornivano anche una panoramica completa su arte, archiviazione, musica e spettacolo, portando alla luce branchie meno popolari e più sconosciute. Cosa che ritengo ancora più importante è stata il fatto di essere stati guidati da formatori quasi sempre presi dall’argomento che trattavano. Ho notato spesso che molti di loro, malgrado qualche argomento potesse risultare ostico o non interessante per tutti, riuscivano a trasmetterci la passione per il proprio lavoro o per l’esperienza che condividevano con noi volontari: credo sia assolutamente fondamentale per chi svolge un ruolo del genere, eppure non sempre è da dare per scontato.

Grazie mille per il tuo contributo e per il tempo che ci hai dedicato; c’è qualcosa che vorresti aggiungere?

Francesca: Sì: venite a visitare il Museo Archeologico!