Ho scoperto dell’esistenza del Servizio Civile per caso, grazie alle piattaforme online. Avevo 28 anni e ne avrei compiuti 29 dopo pochi mesi, quindi quella sarebbe stata la mia unica occasione per provare questa esperienza.
È capitato in un momento di confusione: quell’anno ho avuto un terribile lutto in famiglia.
Ho abbandonato la casa, il lavoro e gli amici che avevo in un’altra regione per stare più vicina a mia madre e soprattutto a mia sorella, disabile. Ho impiegato giorni a scegliere il progetto che mi avrebbe impegnata per un anno: optai per un programma che prevedeva l’inclusione sociale in tema di disabilità, all’interno del territorio. Ho scelto “Io penso diverso” perché sentivo che era proprio quello di cui avevo bisogno, di “pensare diverso” appunto, fuori dagli schemi, più precisamente fuori dall’ambiente familiare. Speravo che così facendo avrei portato a casa nuovi metodi di approccio per poter comunicare con mia sorella. Un po’ egoista come discorso forse, ma se potevo dare una mano traendone vantaggio dal punto di vista della crescita personale, perché no?
Non avendo mai sentito parlare nel dettaglio del Servizio Civile, non sapevo cosa aspettarmi; l’unica finestra da cui potevo sbirciare era leggere la scheda del progetto. In base a quest’ultima continuavo a crucciarmi con domande tipo “mi troveranno simpatica?” oppure “mi ascolteranno?”. Avrei avuto a che fare con persone di caratteri, età e modi di fare diversi, al di là delle patologie. “E se le mie attività risultano noiose? E quali responsabilità avrò?” e via dicendo.
Già dai primi mesi di servizio mi sono resa conto che pazienza ed empatia sarebbero state le mie armi principali con cui affrontare le giornate di servizio. Sopraggiunsero poi la curiosità, l’intraprendenza, la voglia di fare di più. I ragazzi mi hanno accolto con entusiasmo, facendo scomparire le mie paranoie. Ho imparato a conoscerli (anche se in realtà imparo qualcosa di nuovo ogni giorno), ad approcciarmi a loro e a capire il metodo di lavoro degli operatori, che a rotazione si occupano di loro. Ho capito che le iniziative, le nuove idee da parte mia sarebbero venute in base alle necessità: colazioni sul terrazzo in stile bar all’aperto, passeggiate per rilassare gli animi stressati e così via. Più andavo avanti e più mi rendevo conto che il mio ruolo era considerato importante, mi vedevo come un supporto all’attività degli operatori e una presenza positiva per i ragazzi.
Non è stato facile all’inizio integrare questo percorso da operatore volontario con la mia vita: sono lavoratrice da circa dieci anni e opero in bar e ristoranti soprattutto con orari serali. Non nascondo di aver avuto diverse difficoltà a presentare a tutti gli incontri di formazione proposti da Arci Servizio Civile (l’ente con il quale ho deciso di intraprendere questo percorso). Il lavoro mi occupa tempo ed energie, in special modo nel periodo estivo: ma lo staff di Arci e la mia coordinatrice sono sempre riusciti a risolvere ogni mio problema e difficoltà.
Grazie a questa esperienza che a breve volgerà a termine, ho cominciato a considerare l’idea di rimettermi a studiare, attività abbandonata dopo il liceo per mancanza di una vera e propria materia di interesse. A casa il rapporto con mia sorella è nettamente migliorato, lei mi dimostra un amore immenso come non ho mai visto in vita mia. Ho capito di essere portata nell’ambito educativo o comunque di sostegno, grazie anche ai commenti e complimenti ricevuti in questi mesi di servizio.
Cosa fare dopo il Servizio Civile? Dare una risposta certa mi è ancora impossibile, non credo basti una vita per capire appieno se stessi figuriamoci un anno. Di sicuro posso dire di aver aggiunto un interesse al mio bagaglio personale. Mi piacerebbe forse aprire un’attività dove unire la passione della ristorazione a quella dell’inclusione sociale, avviando progetti di lavoro rivolti a ragazzi con disabilità. Per ora rimane un sogno, un’idea ma un giorno chissà!
Mi sento di consigliare ai giovani che dopo la scuola superiore non hanno ben chiaro il percorso da intraprendere di considerare il Servizio Civile: è un’opportunità per testare quello che un giorno potrà essere un lavoro vero e proprio e per dare un aiuto concreto a quella che per molti è una realtà sconosciuta, lontana, a parte. Senza contare che ci sono davvero tantissimi progetti tra cui scegliere, di sicuro ognuno troverà quello che meglio si adatta al proprio essere.
Vorrei ringraziare tutti coloro che hanno reso possibile questa esperienza: lo staff di Asc Cesena, i formatori con cui ho avuto vivaci e interessanti scambi di idee, la coordinatrice della struttura presso la quale sto tutt’ora prestando servizio. Grazie anche ai miei colleghi volontari, ho trovato in loro un gruppo unito, ci siamo sostenuti in questo anno confrontandoci su dubbi, scambiati materiale per poter proseguire il nostro servizio più serenamente. Ringrazio gli operatori della struttura, O.S.S. ed educatori che mi hanno mostrato diversi metodi di lavoro e pensiero. E per ultimi ma non per questo meno importanti grazie a tutti e sei i ragazzi: mi hanno mostrato come la felicità sia ovunque, che l’incontro di difficoltà può trasformarsi in una nuova opportunità. Ma soprattutto grazie per avermi fatto conoscere un aspetto nuovo del mio carattere e per avermi dato spunto per poter costruire un giorno un nuovo futuro.